Anna Achmatova

Come a una voce lontana presto ascolto,

Ma intorno non c’è nulla, nessuno.

In questa nera buona terra

Voi deporrete il suo corpo

Né il granito né il salice piangente

Faranno ombra al cenere leggero

Solo i venti marini del golfo

Per piangerlo accorreranno.

Anna Achmatova, da Poema senza eroe, nella traduzione di Carlo Riccio (Einaudi, 1966)

Entrai

Entrai

ed era una stanza vuota

ma no, che dico,

c’era un pavimento lucido

pulito di fresco

pareti bianche

che riflettevano luce

e porte e finestre

di legno verniciato.

C’era il sole che entrava

raggi pieni di polvere

e respiri pieni di acari

c’era la vita

in quella stanza vuota

così me ne andai

in cerca di altri vuoti da riempire.

L’arte di vivere

L’arte di vivere non ce l’insegna nessuno, certo i genitori ci influenzano molto, nel bene e nel male. Poi arrivano le amicizie e da lì cominciamo a fare le nostre scelte, giuste o sbagliate che siano.

Da lì in avanti ognuno inizierà a crearsi la propria arte e la coltiverà per tutta la vita, innaffiandola giorno dopo giorno per vederla crescere e goderne i risultati, che ovviamente non saranno gli stessi per tutti, perché il nostro libero arbitrio ci condurrà su strade diverse, in mondi paralleli, in un universo fatto di cose e persone soltanto nostro.

E se un giorno decideremo di preferire una realtà virtuale come quella dei social, credo proprio che qualcosa avremo sbagliato nel nostro cammino.

Marco Fantuzzi

Questa umanità

Questa umanità vacua e dolente

si nutre di tutto, ma non assorbe niente,

ricordi e rimpianti l’inezia di un attimo.

Vacuità immanente cerchi nel dolce oblio,

vivi di chimica nel multiverso luccicante,

non hai futuro, il tuo elisir è solo polvere.

Vuoi danzare solo nella notte buia

dormire nell’alba nascente

e credi in un amore libero e trascendente.

Una crisi di valori

Tutte le civiltà, quelle conosciute almeno, sono state attraversate da profonde crisi di carattere politico-sociale e oggi stiamo di nuovo attraversando uno di questi periodi.

Da una parte la politica, una cosa per pochi eletti, mentitori per professione, sostenuta da poteri così forti in grado di poter distruggere una nazione per i propri interessi e dall’altra la società civile, in massima parte povera o impoverita che lotta per ripristinare la propria dignità, compromessa da una competitività sempre più sfrenata, e dove la condivisione e la solidarietà sono merce rara e preziosa.

Dove il confine tra ricchezza e povertà è così labile che spesso un evento inaspettato può fare la differenza tra la vita e la morte.

Siamo diventati davvero un branco asociale?

Vivere tra le macerie, in fatiscenti abitazioni, tra il ronzare di insetti instancabili, con la pelle impregnata di un caldo maleodorante. Questo incubo si materializza in tutte le grandi città nelle estati afose che ormai danneggiano profondamente il nostro vivere, in un caldo che i condizionatori dei grattacieli contribuiscono a dilatare a dismisura per chi vive giorno e notte all’aria aperta.

Che ne sarà dell’aria limpida che respiravano i nostri nonni, quando anche l’ultima foresta sarà stata distrutta?

Che ne sarà dei destini delle nostre future generazioni, quando gli occhi di oggi fanno tabula rasa del nostro ambiente vitale?

Che ne sarà della Terra che ci guarda inorridita davanti allo scempio cui assiste da ormai troppo tempo?

Lei sopravvivrà, perché saprà adattarsi al cambiamento climatico, ma noi no, noi non ce la faremo.

Vogliamo autonomie politiche,

vogliamo decidere del nostro destino,

vogliamo i profitti che produciamo,

vogliamo pace e serenità,

chiediamo troppo? Ce lo concederanno o dovremo lottare per ottenerle?

Marco Fantuzzi