Tutte le civiltà, quelle conosciute almeno, sono state attraversate da profonde crisi di carattere politico-sociale e oggi stiamo di nuovo attraversando uno di questi periodi.
Da una parte la politica, una cosa per pochi eletti, mentitori per professione, sostenuta da poteri così forti in grado di poter distruggere una nazione per i propri interessi e dall’altra la società civile, in massima parte povera o impoverita che lotta per ripristinare la propria dignità, compromessa da una competitività sempre più sfrenata, e dove la condivisione e la solidarietà sono merce rara e preziosa.
Dove il confine tra ricchezza e povertà è così labile che spesso un evento inaspettato può fare la differenza tra la vita e la morte.
Siamo diventati davvero un branco asociale?
Vivere tra le macerie, in fatiscenti abitazioni, tra il ronzare di insetti instancabili, con la pelle impregnata di un caldo maleodorante. Questo incubo si materializza in tutte le grandi città nelle estati afose che ormai danneggiano profondamente il nostro vivere, in un caldo che i condizionatori dei grattacieli contribuiscono a dilatare a dismisura per chi vive giorno e notte all’aria aperta.
Che ne sarà dell’aria limpida che respiravano i nostri nonni, quando anche l’ultima foresta sarà stata distrutta?
Che ne sarà dei destini delle nostre future generazioni, quando gli occhi di oggi fanno tabula rasa del nostro ambiente vitale?
Che ne sarà della Terra che ci guarda inorridita davanti allo scempio cui assiste da ormai troppo tempo?
Lei sopravvivrà, perché saprà adattarsi al cambiamento climatico, ma noi no, noi non ce la faremo.
Vogliamo autonomie politiche,
vogliamo decidere del nostro destino,
vogliamo i profitti che produciamo,
vogliamo pace e serenità,
chiediamo troppo? Ce lo concederanno o dovremo lottare per ottenerle?
Marco Fantuzzi
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